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Cambogia:
Angkor |
viaggi in cambogia |
Arrivando in Angkor il viaggiatore incontra uno scenario che sicuramente giá si attende, ma la sua visione supera ogni immagine che la fantasia abbia potuto creare. Le fotografie viste sulle riviste hanno offerto alcune immagini rese quanto mai suggestive dalla quadricromia sulla carta patinata. Ma qui, tra la boscaglia e gli alberi del tropico, i monumenti emergono con tutta la possenza della loro tridimensionalitá. Sono delle pietre vecchie di secoli e cariche di storia che non si accontentano di essere solo ammirate ma sono esse stesse a sollecitare la curiositá e la sensibilitá del visitatore quasi invitandolo a scoprire i loro segreti e cogliere la unicitá di Angkor. Quella unicitá che giá dalla fine del XIX secolo ha fatto nascere il "mito" di Angkor, un mito che ancora oggi si alimenta e continua a suggestionare il visitatore. Angkor é veramente la "Cittá", una cittá unica, una area archeologica unica. Questa sua unicitá non deriva dalla sommatoria dei singoli complessi monumentali, dalla loro struggente bellezza, dal fascino del quadro naturale in cui sono inseriti. La Angkor che oggi si visita é il cuore di una ben piú vasta, enorme cittá che ai tempi del suo massimo splendore aveva una popolazione di quasi due milioni di abitanti. Dobbiamo immaginare immense distese di risaie, orti, frutteti, piantagioni, intersecate da un reticolo di canali e dighe, popolati da decine di migliaia di abitazioni, costellati da innumerevoli templi, monasteri, fondazioni religiose. Quasi trecento sono i monumenti individuati in questa area dall' École francaise d' Extreme-Orient, e forse la fitta vegetazione tropicale e la terra ne celano ancora decine e decine di altri, senza nome, sconosciuti. Questo é il grandioso scenario che fá da cornice alla Angkor che noi oggi conosciamo e che di questo immenso agglomerato urbano era il cuore politico, religioso e amministrativo. Occorre quindi posare l' occhio su una mappa archeologica per scoprire la perfetta logica che sostiene la disposizione dei singoli monumenti in una topografia urbana di insospettata razionalitá. Dai grandi bacini artificiali dei Baray si diparte una rete di canali che si ramificano, come un perfetto reticolo, per collegare i bacini che circondano i templi, alimentarli trasformandoli in ulteriori riserve idriche, poi si diramano per assolvere il loro compito di irrigazione dei campi e, allo stesso tempo, diventano vie di comunicazione fino a ché quasi non si dissolvono in una sorta di sistema venoso che alimentava le singole risaie. Da questo capolavoro di ingegneria idraulica urbana emergono, quasi come pietre preziose incastonate in un grandioso gioiello i templi, i santuari, le terrazze del Palazzo reale, le mura, i portali, i ponti a diga, i monasteri. Molteplici sono le tipologie architettoniche, ma anch' esse, pur nella loro diversitá, sembra che rispondano a un unico progetto artistico-cultuale. Il Prah Ko, il sacro bue Nandin mitica cavalcatura di Shiva, risale al 879. Nel 1219 muore Jayavarman VII, il grande re che ricostruí Angkor dopo la devastante invasione dei Cham e la rese ancora piú grande, potente e splendida. Sono quasi tre secoli e mezzo nel corso dei quali il genio creativo e artistico dei Khmer ha saputo produrre i suoi massimi capolavori non solo in Angkor ma in tutta la Cambogia e anche oltre i suoi attuali confini. |
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