Là dove il Mekong che scende dal Laos si biforca nel Tien Giang e nel Bassac, che si aprono a ventaglio per formare l’immenso delta, e si dirama il Tonle Sap che va a alimentare il Grande lago, in questo perfetto quadrivio fluviale sorse nel XIV secolo Phnom Penh, la cittá della “Collina di Penh”. Le guglie dorate del Palazzo reale evocano i fasti della capitale del periodo coloniale e nelle austere sale del Museo Nazionale si allineano i capolavori della antica statuaria in pietra dei Khmer, fondatori di imperi. I grandi viali alberati esplodono di vita cancellando anche dagli occhi della mente ogni memoria dei tragici “tre anni, otto mesi e venti giorni” del regime dei Khmer rossi di cui resta solo la rigorosa testimonianza del ex-carcere S21. Da Phnom Penh partono a raggiera le strade nazionali che raggiungono ogni punto cardinale: questa é la vera porta di ingresso in Cambogia, un paese che per noi Occidentali é soprattutto Angkor, ma che non é solo Angkor. A Sud si estendono le incontaminate spiagge del Golfo del Siam, mare della celebrata Ko Samui, qui peró il forsennato turismo balneare ancora non ha posto piede e una ridotta disponibilitá alberghiera di elevato livello ha mantenuto intatte e solitarie queste spiagge. Ancora piú intatte, ferme ai tempi di un’Asia ormai scomparsa, sono le vaste pianure che si estendono intorno al fiume e al grande lago. Dalle risaie pare che emergano solo i ciuffi delle palme da zucchero e i tetti di foglie delle case a palafitta, ma lasciando le grandi strade e percorrendo un breve tratto su una delle tante piste di terra rossa, la vegetazione si apre per svelare antichi templi in pietra e surreali torri-santuario avvolte dalle radici di giganteschi alberi. Tutta la Cambogia é un vasto parco archeologico ancora largamente sconosciuto e che, passo dopo passo, si svela al viaggiatore preparandolo alla meraviglia che troverá in Angkor, un’area archeologica unica al mondo. La Angkor che oggi visitiamo era il cuore di una enorme cittá dove ai tempi del massimo fulgore vivevano centinaia di migliaia di persone fra distese di risaie, orti, frutteti, campi e piantagioni, intersecate da un reticolo di canali. Decine di migliaia di abitazioni si addensavano intorno a innumerevoli templi, santuari e monasteri. Sono 276 i monumenti che l' École Française d' Extrême-Orient ha classificato nella sola area di Angkor. Dai grandi bacini artificiali, i baray, partiva una rete di canali che si stendevano con perfezione geometrica a collegare i bacini che circondano i templi, li alimentavano creando ulteriori riserve idriche, poi si diramavano per essere vie di navigazione e assolvere il loro compito di irrigazione dei campi. Da questo capolavoro di ingegneria idraulica emergono, come pietre preziose incastonate in un grandioso gioiello, i templi, i santuari, le terrazze, le mura, i portali, i ponti e i grandi viali di accesso della cittá. Ne abbiamo visto migliaia di immagini sui video o stampate sulle riviste, ma nessuna ripresa digitale e nessuna patinata quadricromia può eguagliare lo stupefacente effetto della visione tridimensionale di queste gigantesche opere in pietra che, passo dopo passo, sorgono dalla vegetazione e si offrono ai nostri occhi mentre percorriamo gli ombrosi viali di Angkor. |