Phnom Penh

Quattro bracci di fiume si incrociano davanti al Palazzo Reale di Phnom Penh. L'immenso Mekong che scende dagli altopiani tibetani si divide nel suo corso inferiore e nel Bassac, che vanno verso il mare; un altro ramo, il Tonle Sap, si dirige a Nord-Ovest, e si getta nel Grande Lago. Phnom Penh significa “Collina di Penh”, la devota dama che nel 1375 fece innalzare il poggio su cui fu costruita una pagoda che accolse le sacre immagini del Buddha fin qui trasportate da un tronco trascinato dalle acque del Tonle Sap. E’ ancora oggi il cuore spirituale della cittá, luogo di culto. Abbandonata Angkor nel 1432, il re Ponhea Yat portó qui la capitale che fu peró poi trasferita a Lovek e Udong, ma nel 1866 il re Norodom, dopo aver firmato il trattato di Protettorato con la Francia, ricondusse qui la corte reale e fece innalzare il sontuoso Palazzo Reale. Negli anni della Belle-Epoque il re Sisowath diede incarico agli urbanisti francesi di tracciare il regolare profilo della cittá, con i lunghi boulevards alberati, le vie che si intersecano a angolo retto e un gioioso lungofiume percorso dalla brezza portata dal fiume. Gli archeologi francesi costruirono il Museo Nazionale che é divenuto il prezioso scrigno che accoglie i capolavori della statuaria in pietra creati dal genio khmer tra il V e il XIII secolo. Dopo le sofferenze dei lunghi anni di guerra ora é tornata la gioia di vivere. La cittá dorme poco, giá all’alba i mercati risuonano di grida e i banchi esplodono di colori e riempiono l’aria di profumi. I marciapiedi sono giá pieni di scolari in camicia bianca e pantaloni o gonna blu. Le vie sono inondate da fiumane di moto, biciclette, ciclotaxi e tante auto. Ristorantini e banchetti compaiono a ogni angolo. Al calare del sole la gente affolla il lungofiume dove sorgono decine di bancarelle e “trattorie” di strada. Rapido scende il buio e, uscendo da uno dei tanti ristoranti che offrono ogni genere di curiositá gastronomica, sulle vie principali le insegne luminose di bar, di pub, di discoteche e boites de nuit tracciano la strada per chi non é ancora stanco e forse piú tardi ancora vuole tentare la sorte sui tavoli verdi del casinó. Ad una quindicina di chilometri si trova il Memoriale di Choeung Ek dove uno stupa conserva parte dei resti delle migliaia di persone qui portate, dopo essere transitate nel tristemente famoso carcere S 21 a Tuol Sleng, e poi assassinate dai "Khmer rossi" tra marzo 1975 e gennaio 1979. A 35 chilometri sorge la sacra collina di Udong, che fu capitale dal 1620 al 1863. E' dominata dagli stupa reali che sono costantemente meta di pellegrinaggio dei Cambogiani. Ai piedi sorge un grande monastero buddhista con un Centro di meditazione Vippasana. Una trentina di chilometri a Sud, altra meta di pellegrinaggi e escursioni é il tempio khmer di Tonle Bati, del finire del XII secolo, uno dei santuari del periodo classico in miglior stato di conservazione al di fuori dell'area archeologica di Angkor. Sulla stessa strada, a una cinquantina di chilometri, i due venerati stupa di Neang Khmau, del X secolo, segnano la strada per Phnom Chisor al cui culmine, in un luogo sacro agli Khmer sin dai tempi piú antichi, venne elevato nel XI secolo un possente santuario nello stile angkoriano. Una ventina di chilometri oltre, giunti a Takeo, si attraversa in barca l'immensa distesa delle risaie per raggiungere il Prasat che domina la collina di Phnom Da, luogo sacro di Angkor Borei, la capitale del regno del Funan nel IV-V secolo.